DISCORSO DEL SINDACO IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE DEL
61° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE.



Cari Studenti, cari Partigiani e cari Amici,
per prima cosa voglio augurare a tutti un buon 25 Aprile, festa della nostra libertà e della nostra democrazia.

Dopo sessant'anni essere qui oggi, insieme, è la migliore conferma di come la Liberazione dal nazifascismo sia stato lo snodo decisivo della nostra storia del secolo scorso. Il punto di partenza cui tornare con la memoria e la ragione, con il cuore e con la gratitudine a quanti consentirono che quella guerra fosse vinta, che potessimo da allora e oggi essere liberi.

Il 25 Aprile ci parla di una storia che non è finita, che la memoria non ha cancellato, perché ci siamo accorti, anno dopo anno, di quanto le radici della nostra cittadinanza democratica siano legate profondamente proprio a quella giornata.

Vedere quanto quel 25 Aprile 1945 i primi Partigiani entrarono nella nostra città (e la foto di quei momenti, i Partigiani in corsa con la bandiera tricolore al vento, è diventata per tutti l'icona, il simbolo, della Liberazione) non finiva soltanto il periodo peggiore della nostra storia locale e nazionale, ma iniziava una sfida per tutta la nostra comunità: ricostruire i paesi e le città, ricucire il tessuto di una società dilaniata dal conflitto e dall'odio.

Si trattava di fare, in qualche modo, il passo più difficile, deporre le armi e diventare costruttori di pace.

Certamente il percorso non fu facile, la violenza della guerra aveva corrotto e intaccato tante coscienze e ancora per qualche tempo, e per qualcuno, furono la forza e la vendetta ad imporre il  loro ultimo pedaggio.

Ma poi la storia cambiò strada, la pagina fu voltata e il libro chiuso.

Chi aveva combattuto, in montagna come in pianura, nei paesi come nelle città, si rimboccò le maniche e con la tipica concretezza nostrana, si mise a costruire un futuro per sé e per gli altri.

I Partigiani divennero Sindaci, Amministratori, Assessori, cooperatori, semplici operai, agricoltori, insegnanti.

Tornarono nelle officine e nei campi a rimettere ordine, a preparare un "nuovo raccolto" come avrebbe detto papà Cervi.

Con quel lavoro, con quell'impegno si è costruita la nostra democrazia, si è costruito il nostro benessere.

Non dobbiamo dimenticare questo debito di riconoscenza che abbiamo verso i nostri predecessori che furono in grado di tirare fuori i nostri paesi e la nostra terra dalla tragedia della guerra e della dittatura nazifascista.

Ho voluto ricordare questi elementi della nostra storia comune perché non si può dare nulla per scontato nelle vicenda storia di una Comunità, di un Paese.

E in quella storia ci stavano persone come noi, uomini, donne, giovani che hanno sentito che era giusto rischiare e perdere la loro vita perché tutti gli altri fossero liberi.

Tutti fossero liberi, anche quelli che in quel momento drammatico erano il nemico, quelli che, in collaborazione con l'occupante, uccidevano, rastrellavano, bruciavano i nostri paesi.

Il 25 Aprile ha liberato anche loro, li ha fatti cittadini di una Repubblica libera come non sarebbero mai stati se, caso tragico, la storia avesse avuto un altro corso.

Non possiamo mai dare per scontato il percorso della liberà (le guerre tuttavia in atto ce lo ricordano, i continui attentati terroristici, come quello di ieri sera, ce lo richiamato drammaticamente), ma non possiamo darlo per scontato anche e soprattutto perché è un percorso che non è nostro, ci è stato affidato per un tratto, come quelle staffette partigiane che portavano le notizie da un punto all'altro e dobbiamo consegnarlo a chi verrà dopo di noi, perché non lo dimentichi.

La memoria di quei fatti, che ancora possiamo raccogliere dalla voce dei testimoni, nel futuro quanto quelle voci taceranno, sarà compito nostro raccontarli, tramandarli perché quella storia, quel racconto non taccia per sempre.

Qui sta il senso alto della presenta importantissima dei ragazzi della nostra scuola media alla celebrazione odierna, e io li voglio ringraziare insieme ai loro insegnanti: il 25 Aprile ha questo senso, un senso di speranza e di felicità, una festa di Liberazione che ci parla di dignità e di giustizia, di uguaglianza, di aiuto reciproco, insomma di tutto quello di cui il mondo ha ancora un disperato bisogno.

Ecco come le conquiste di una parte si devono tradurre in valori democratici  a disposizione di tutti: questa a me sembra anche una chiave per leggere correttamente, per difendere e per dischiudere forse il messaggio più vero della nostra Costituzione.

Teresio Olivelli, dal lager di Hersbruck dove sarà ucciso, nella sua "Preghiera dei Resistenti" diceva: "quanto più s'addensa e incupisce l'avversario, facci limpidi e diritti"; questo mi pare un invito e un impegno per tutti, avere insieme la forza della ribellione per amore e la forza della pace e dell'impegno comune per ricostruire insieme, per riprendere ogni giorno insieme la via giusta.

Grazie!


         
Paolo Bargiacchi
           Sindaco Baiso

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