rarie italiane riuscirono a far nascondere lungo la spina dorsale di alcuni prigionieri delle barrette di ferro. A Mario Ragagnin di Tamai consegnarono un temperino che nascose in una pagnotta.
Durante il tragitto, lavorando a turno, i prigionieri riuscirono a perforare il portellone del vagone ed a sollevare la barra di chiusura. Prima che le guardie del convoglio se ne accorgessero, riuscirono ad aprire il portellone ed alcuni saltarono dal treno in corsa. Nonostante la sparatoria delle guardie si salvarono Antonio Pegolo da Maron e Mario Ragagnin da Tamai.
Dopo avventurose peripezie, riuscirono ad entrare in contatto con i partigiani della Carnia, che li aiutarono a rientrare in paese, ove rimasero nascosti presso famiglie del posto fino alla liberazione.



Rastrellamenti a Villa Varda

Nell'intento di catturare una radiotrasmittente installata nella torre del parco di Villa Varda ad opera dei partigiani Gianni Zancani, Pietro Prataviera e "Bartolo", tutti della divisione Osoppo, per tenere i contatti con gli Americani, la mattina del 14 dicembre 1944 un gruppo di nazifascisti circondarono la zona ed i repubblichini entrarono nel parco sorprendendo i coloni al lavoro. Iniziarono subito l'interrogatorio dei coloni stessi usando i loro metodi - calci, bastonate, intimidazioni -  ma nessuno rivelò alcunché.
         I Tedeschi avevano occupato anche la sponda destra del Livenza in territorio di Albina, ma non riuscirono a trovare nulla. Infatti il gruppo della trasmittente, avvertito da una donna di Brugnera che era venuta a conoscenza dell'imminente retata, aveva fatto in tempo a smantellare gli impianti ed a scappare oltre il fiume.
         I nazifascisti allora catturarono nove uomini fra i coloni dell'azienda agricola e tre ex militari sbandati che si erano lì sistemati dopo l'8 settembre 1943.
Dopo dieci giorni di carcere furono rilasciati otto coloni, mentre Antonio Antonel, riconosciuto partigiano della divisione Garibaldi, venne deportato in Germania, ove mori in cmpo di concentramento il 18 marzo 1945.
         I tre ex militari sbandati invece furono costretti ad arruolarsi nella R.S-I. pena la vita.

Nel marzo 1945 i nazifascisti tentarono di nuovo d'impadronirsi della radiotras-mittente con cui i partigiani segnalavano agli alleati i movimenti dei Tedeschi in zona. A tale scopo arrivarono improvvisamente a Villa Varda ove sottomisero a duro interrogatorio, accompagnato da sevizie, Elio Antonel, Omar Pastre, Saverio Pegolo, Antonio Benedet e Giovanni Vignali.
         Per costringere il gruppo a rivelare il nascondiglio della radiotrasmittente, portarono Elio Antonel in luogo appartato, fingendo, con una sparatoria a vuoto, di fucilarlo spaventando così gli altri.. Ma anche questa volta nessuno parlò e non ci furono ritorsioni.



Durante l'occupazione nazifascista il mercato era pervaso dal contrabbando principalmente per i prodotti di scarsa reperibilità. Al mercato nero si vendeva di tutto: copertoni da bicicletta, petrolio per l'illuminazione delle case, solfato di rame per irrorare le viti, tessuti, spezie, sale, tabacchi, fiammiferi, prodotti alimentari.
         Da Trieste arrivavano robuste ragazze coi loro carichi di sale da vendere ai diversi improvvisati macellatori  di suini che producevano per il mercato clandestino. Le "triestine", avvantaggiate dalla loro avvenenza, spesso arrivavano cariche fino a Pordenone viaggiando gratis con l'autostop sugli automezzi di compiacenti tedeschi di passaggio. Qui scambiavano il sale con salumi e lardo e poi ripartivano in treno per Trieste..
         Poiché i contrabbandieri diventavano sempre più esosi rincarando i prezzi, le "triestine" impararono ad arrangiarsi. Adducendo difficoltà di trasporto, qualcuna concordava il pagamento della merce posta a Pordenone presso una locanda ove si sarebbe fermata a riposare prima del rientro a casa. Lì, pagati merce e trasporto, capitava, poteva capitare ed effettivamente capitò che qualche ragazza invitasse qualche contrabbandiere a farle compagnia e il mat-tino dopo, ricattando non troppo velatamen-te, esigesse un lauto compenso e così recu-perasse gran parte del sovrapprezzo pagato.
         E capitò che qualche spennato traspor-tatore, mai di Brugnera!, per giustificare in famiglia il ritardato rientro, adducesse scuse di coprifuoco e di pericoli vari per sé e per il cavallo. Costano, le luci rosse!
         
La "graspa" di Fiorindo

Il prolungarsi della mussoliniana "guerra lampo" ed il mancato ritorno dalle armi di Luigi Verardo, sergente maggiore di Sanità, aveva costretto la moglie Teresina a chiudere la bottega che gestiva, e ridursi a sopravvivere, lei e i tre figlioletti, col misero sussidio dello Stato.
Nel 1944, pressata dalle necessità economiche, decise di riaprire il reparto osteria. Però fin dall'inizio si manifestarono le difficoltà per l'approvvigionamento della merce. Verso l'autunno, con l'avvicinarsi della stagione fredda, veniva particolarmente richiesta la "graspa de bar", ossia la grappa prodotta clandestinamente dai contadini. Fu allora che Teresina, aiutata da intermediari, prese contatto con Fiorindo Tardivo, da Gaiarine, che riusciva (con alambicchi ben nascosti tra i "bar", le siepi, in aperta campagna) a produrre ottima grappa.
C'era però grande difficoltà e serio pericolo per il trasporto del prodotto in quanto Albina non apparteneva come Brugnera al Territorio del Litorale Adriatico annesso da Hitler al Grande Reich. Infatti fra le due località vi era un posto di guardia sul ponte di Brugnera ben sorvegliato da guardie tedesche. Si ricorse allora all'aiuto di Pietro Zecchin, messo comunale di Brugnera che in divisa aveva libero transito sul ponte per recarsi nella località Ponte di Sotto, piccolo borgo di Brugnera di là dal Livenza. Così il messo comunale passava indisturbato il confine, adoperando una bicicletta da donna su cui aveva fissato una tavoletta all'altezza della curva bassa del telaio, ove caricava una damigiana di circa 30 litri fissata al collo con una cordicella. Poi avvolgendosi con una lunga mantellina nera sotto la quale nascondeva la damigiana, che era vuota all'andata e piena al ritorno, eseguiva il pericoloso e insolito trasporto.



   


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