I CADUTI DI POLISTENA SUL SAN MICHELE

DI ROBERTO AVATI

Nel 1933 il Notaio Giulio Verrini di Polistena pubblicò,  per i tipi dello stabilimento tipografico R Pasquale, un breve saggio dal titolo Polistena nella quarta guerra della indipendenza italiana e negli albori del fascismo, in questa pubblicazione l'autore, oltre ad esaltare il sentimento nazionale, allegò un elenco dettagliato di tutti i 183 caduti del paese durante la prima guerra mondiale, un numero superato in provincia dal solo capoluogo che al tempo vantava una popolazione di molto superiore a Polistena.

Insieme ai nomi dei caduti il notaio indicò anche le località in cui gli stessi avevano perso la vita, da quest'elenco è possibile notare che le reclute di Polistena furono presenti su ogni fronte e che alcuni di loro combatterono e morirono in terra straniera, più precisamente in Macedonia, inquadrati nel 47° e nel 134° reggimento, ed in Francia con il 75° reggimento.

Molti persero la vita in località che prima del conflitto erano pressoché sconosciute e che soltanto dopo il sacrificio della loro generazione diventarono famose ad esempio sul Kuk, sul monte Vodice, sulla sella di Dolper, sul monte Merzli, sul Grappa, sul Pasubio, sul Piave, sul monte Zebio, sul San Gabriele, in val Posina, sul monte Cengio, sul monte Torre, sul San Marco, sull'Asolone, sul Cimone ed in paesi come Bassano,  Monfalcone, Santa Lucia di Tolmino e Cividale   

E' importante precisare che il reparto che ebbe il maggior numero di caduti fu il 20° reggimento, la preponderante presenza di reclute di una determinata regione nei reparti era dovuta al principio che  i reparti venivano formati con elementi, per ciascun terzo, provenienti dal sud, dal centro e dal nord con lo scopo di favorire l'integrazione etnica di tutte le diverse componenti del giovane stato italiano, inutile aggiungere che tale criterio non sortì gli effetti sperati.

Dai dati dell'elenco si ricava che il 20° reggimento ebbe ben 26 caduti originari di Polistena, tra questi vi furono ben quattro soldati deceduti a seguito del primo proditorio attacco con i gas asfissianti degli austriaci sulle alture del San Michele il 29 giugno del 1916, del drammatico  episodio fu anche protagonista Giuseppe Ungaretti che da fiero interventista si era arruolato nei volontari esploratori ovvero nelle Compagnie della Morte,  il poeta con il suo scarno ma efficace stile descrisse quei tragici momenti e raccontò di come miracolosamente sopravisse all'attacco, rimarcando che l'uso del micidiale gas, dopo le esperienze sul fronte francese a Ypres, era prevedibile ma con negligente ottimismo gli alti comandi italiani sottovalutarono la possibilità del suo impiego a tal punto che le maschere in dotazione ai soldati erano inefficaci, soltanto dopo il massacro si corse ai ripari spendendo fino alla fine della guerra ben cinquecento milioni per la  difesa dei gas.


Ungaretti in divisa

Il 20° reggimento era inquadrato nella brigata Brescia che con la brigata Ferrara formava la 22a divisione che in quei giorni era in avvicendamento con le brigate Pisa e Regina, comprese nella 21a divisione.

Durante l'attacco del 29 giugno, nel 20 ° reggimento, morirono i fanti d'origine polistenese  Boeti Giuseppe Antonio di Michelangelo e Condoluci Nicola di Francesco mentre rimase disperso e non se ne ebbero più notizie il soldato Nasso Vincenzo di Nicola; il 7 luglio, per i postumi  dell'intossicazione dei gas, morì all'ospedale di guerra n. 35 il fante Mileto Giacinto di Michelangelo.

Gli austriaci glorificarono l'attacco assegnando ai partecipanti una placchetta a forma di scudetto  su cui in posizione centrale era incisa una mazza ferrata con un ramo di alloro mentre sullo sfondo era riportato il San Michele e dire che loro consideravano i lanciafiamme armi disumane al punto da fucilare gli italiani che venivano catturati con il distintivo di tale reparto tuttavia è giusto  ricordare che il comandante della 18° brigata Honvend quando fu informato della decisione di utilizzare i gas chiese ed ottenne di essere esonerato dal comando. 

Ironia della sorte sembra che il giorno prima durante un attacco i reparti italiani avevano occupato temporaneamente delle trincee dove erano nascoste le micidiali bombole che pur caso non furono scoperte.

Il gas usato dagli austriaci era una mistura di cloro e fosgene  ben 3000 bombole di questo micidiale coctail furono impiegati in quell'occasione.

A riguardo mi torna alla mente che mio padre, reduce della stessa guerra, mi raccontava di come  nei giorni precedenti erano stati visti levarsi in volo dalle trincee nemiche dei palloncini chiare sperimentazioni degli austriaci per stabilire la direzione del vento a cui invece gli italiani  avevano dato l'ingenua interpretazione che il nemico stesse festeggiando il genetliaco dell'imperatore od il suo onomastico.

L'attacco inizio il mattino, subito dopo le 5, il gas si diresse verso quota 197 di bosco cappuccio e le quote 141 e 170 del S. Michele, i reparti che attaccarono erano composti da ungheresi che utilizzavano delle mazze chiodate per finire quanti non erano stati completamente uccisi dai gas.   

I morti durante l'attacco furono almeno seimila ma nei giorni successivi il bilancio si aggravò ed il loro numero superò il totale di  diecimila ma anche gli ungheresi persero tremila uomini.
 
Interi reparti furono annientati, nella 21a divisione morirono ben 109 ufficiali e 4.200 soldati mentre nella 22a subirono analoga sorte 73 ufficiali e 2.050 fanti.

Il gas sorprese molti nei loro letti e quanti non furono uccisi nel sonno si trascinarono urlando per le atroci sofferenze delle ustioni provocate dal gas.

Ma dopo qualche ora il vento cambiò direzione ed invase le trincee da cui era partito provocando negli stessi assalitori delle perdite. 

Questo efferato attacco non intimidì gli italiani che pur nel tragico momento reagirono in maniera  eccezionale infatti quelli che erano nei punti più alti dei camminamenti dove il gas era meno concentrato riuscirono in qualche modo a resistere, altri salirono sui tetti dei ricoveri ed altri ancora accesero dei fuochi per tentare di disperdere le nuvole di gas, purtroppo furono pressoché inutili le maschere che proteggevano soltanto dal cloro e non dal fosgene e dire che sulle loro confezioni c'era riportata  la scritta  CHI SE LA LEVA MUORE.

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